Le donne sovietiche
L'unione Sovietica sopravvisse solo mobilitando
i due terzi delle proprie donne, che lavorarono nelle
fabbriche e nei campi.
Richard Overy, Russia in guerra
Le donne sovietiche ricoprirono un ruolo importante nella seconda guerra mondiale. In nessun altro paese vi fu un fenomeno che può essere paragonato alle 800.000 ragazze e donne dell'Unione Sovietica che si mobilitarono per il servizio in guerra e le funzioni di prima linea con l'Armata Rossa a seguito dell'attacco tedesco nel giugno 1941.
Nei territori occupati, che comprendevano una popolazione di 80 milioni di persone vennero sottoposte al dominio alieno e brutale dall'invasore nazista, che considerava tutti gli slavi, ebrei e altre nazionalità sovietiche come razze inferiori. Le donne e bambine sovietiche di origini ebraiche furono vittime di esecuzioni di massa o mandate nei campi di sterminio.
Decine di migliaia rimasero uccise nei bombardamenti delle città (si calcola che i bombardamenti in URSS fecero 500.000 morti (un numero dieci volte superiore a quello provocato dai bombardamenti su Londra), morirono di fame durante l'assedio di Leningrado e vennero giustiziate in rappresaglie antipartigiane.
Le altre subirono la brutalità dell'occupazione nazista, furono vittime di violenze sessuali o inviate al lavoro forzato nel Reich.
Oltre 5 milioni di cittadini sovietici, uomini e donne, furono mandati nell'Europa occupata dai tedeschi, alcuni di essi erano prigionieri di guerra e molti milioni erano lavoratori schiavi.
Le ragazze fra i quindici e i venticinque anni venivano ridotte (quando sopravvivevano ai « maltrattamenti » durante il viaggio) in una sorta di schiavitù sessuale, sia nei bordelli dell’Esercito e delle SS, sia nei «centri di riposo» del Reich. Altre venivano mandate nei campi di concentramento, dove erano le inclinazioni dei guardiani a decidere se dovessero essere sottoposte a normali violenze sessuali o a « esperimenti » che terminavano con la morte. Altre ancora venivano mandate alla pari (un primo e calzante esempio di questa istituzione) nelle case tedesche, dove la loro sorte dipendeva interamente dall’umore del padrone di casa. Le donne al di sopra dei venticinque anni venivano spedite direttamente nelle industrie, dove le attendeva il duplice compito di operaie e di prostitute per i lavoratori maschi.
In secondo luogo, nei territori non occupati, l'enorme distorsione demografica cambiò radicalmente la composizione della forza lavoro sovietica. Nelle economie di guerra di tutti i paesi industrializzati durante la seconda guerra mondiale, la "forza lavoro" nelle fabbriche e nei campi divenne nella maggioranza femminile. Nel caso dell'Unione Sovietica ciò ebbe un'applicazione più ampia che altrove. Alla fine del 1942 infatti il totale delle perdite sovietiche di uomini tra morti, prigionieri e feriti raggiunse gli 11.000.000. Inoltre l'evacuazione dell'industria oltre gli Urali in tempo di guerra ha coinvolto non meno di 25 milioni di persone.
Ogni area del paese richiese giganteschi sforzi e sofferenze alle donne sovietiche. Mamme, figlie, sorelle e zie andarono in guerra a milioni: ragazze magroline, esauste casalinghe e matrone robuste producevano munizioni nelle fabbriche e scavavano fossati anticarro. Nella sola Leningrado 500.000 persone lavorarono alle fortificazioni della città per due mesi e lo stesso fecero gli abitanti di Mosca e Stalingrado. Le donne più giovani scesero nelle miniere, sulle cabine delle gru, sui camion e le locomotive e nell'industria pesante, in condizioni durissime. Nelle fabbriche, in cui la manodopera era costituita per più della metà da donne, si stabilirono nuove condizioni di lavoro che prevedevano di norma 66 ore lavorative settimanali con un giorno di riposo mensile. Le ferie furono sospese, mentre fu introdotto il lavoro straordinario obbligatorio. In breve, dopo il 1941 in un paese che era stato privato della forza lavoro maschile per le esigenze belliche, le ragazze e le donne di ogni età non solo sostituirono il lavoro degli uomini, ma si usarono anche come forza motrice, impiegando la forza del proprio corpo a sostituire i trattori e i cavalli requisiti dall'Armata Rossa. La maggior parte del lavoro compiuto per produrre le scorte di cibo, vitali per le città e i combattenti al fronte fu svolto dalle donne russe: nel 1941 costituivano la metà della manodopera rurale: nel 1944 arrivarono a rappresentarne quasi i quattro quinti.
Sul fronte, oltre a ricoprire i ruoli femminili più tradizionali come cuoca e lavandaia, le donne servivano come chirurghi, medici da campo e infermiere.
Combatterono come cecchini/snipers (vedi la pagina tiratori scelti), operatrici di mitragliatrici, addette al puntamento dell'artiglieria, negli equipaggi dei carri armati, addette alla contraerea, piloti di bombardieri. Le donne servivano anche come radio operatrici, partigiane, scout, serventi ai mortai, paracadutisti, nei servizi ausiliari, come controllori del traffico militare, negli uffici logistici.
Più' del 40% del personale medico, il 100% delle infermiere era composto da donne di cui il 30% è stato decorato per il servizio.
Le donne servirono come operatrici delle comunicazioni nell'Armata Rossa arrivando a coprire il 12% del totale. Operatrici radio vennero paracadutate anche dietro il fronte nemico nel pericolosissimo ruolo di supporto ai partigiani nelle radiocomunicazioni.
Si calcola che un quarto dei partigiani operanti nei territori occupati (oltre 550.000) fossero donne. Icona di queste fu la partigiana Zoya Anatolyevna Kosmodemyanskaya detta Tanya. Volontaria partigiana a 18 anni ebbe l'incarico di bruciare un villaggio occupato dai tedeschi. Catturata dai nazisti non rivelo' ne il suo vero nome ne quello dei compagni e dopo essere stata torturata venne impiccata. Fu dichiarata Eroe dell'Unione Sovietica.
Più di 250.000 servirono nella difesa aerea (il 30,5% del personale della difesa aerea di Mosca era composto da donne). Nel 1942 ci furono due mobilitazioni per portare le donne nella difesa aerea.
Furono stabiliti obiettivi specifici: le donne dovevano sostituire otto uomini su dieci nelle sezioni degli strumenti, sei uomini su dieci tra gli operatori di mitragliatrici, cinque uomini su sei nelle postazioni di avvistamento aereo, tre uomini su undici negli addetti ai fari e tutti i soldati semplici e sottufficiali nei servizi logistici della difesa aerea. Erano ammesse donne di età compresa tra 18 e 27 anni. Vi erano molte donne ufficiali e donne hanno servito in tutti i compiti dell'artiglieria antiaerea. Alla fine della guerra, oltre 121.000 donne hanno prestato servizio come artiglieri o serventi nell'artiglieria antiaerea e circa 80.000 in aviazione o in posti di scoperta e di osservazione.
L'Unione Sovietica fu la prima nazione a consentire alle donne pilota di bombardieri di compiere missioni di combattimento.
Nonostante il loro enorme contributo alla vittoria, in URSS solo una piccola parte ricevette delle decorazioni. Solo a 95 di esse venne assegnato la massima onorificenza di Eroe dell'Unione Sovietica, spesso postuma, solo dopo gli anni '60.
Nel suo libro del 1959, il maresciallo Chuikov notò sia la prestazioni delle donne soldato, sia il modo in cui il loro servizio fu ignorato: "non posso trascurare un tema molto importante che, a mio avviso, è ancora debolmente trattato nella letteratura militare, e talvolta dimenticato ingiustificatamente nei nostri rapporti e lavori sulla generalizzazione dell'esperienza della Grande Guerra Patriottica. Ho in mente la questione sul ruolo delle donne in guerra, nella retrovie ma anche al fronte.
Allo stesso modo degli uomini portavano tutti i fardelli della vita di combattimento e insieme a noi uomini andarono fino a Berlino."
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